28/8
20:52
Pigiama, letto, la mia nuova insalata di avocado e Einaudi che in sottofondo mi suona Melodia africana.
Adesso capisco il suo alternare note lente e veloci, è un po’ come la vita qui: scorre lenta e veloce allo stesso tempo. Puoi stare un’ora ad aspettare al luogo dell’appuntamento fermo ed in silenzio, accanto ad altre persone che aspettano non si sa cosa. E poi devi lottare per salire sui taxi stracolmi all’ora di punta, gli stessi taxi che sfrecciano a zig zag per le strade e che ti fanno correre quando attraversi la strada.
La pioggia in questi ultimi giorni sta portando via tutto. Porterà via anche il colore dei miei vestiti che da tre giorni sono appesi fuori sperando di asciugarsi. Di solito pioveva una volta al giorno, adesso sembra che anche il tempo si sia stufato della stagione delle piogge e vuole scaricare tutta l’acqua in una sola settimana. No, illusione. Continuerà così almeno fino a metà Settembre. E quando inizia non ti da nemmeno il tempo di ripararti. L’altro ieri al sentire le prime gocce ho subito cercato riparo sotto dei portici, sono arrivata a destinazione già mezza bagnata. Il provvisorio riparo ospitava almeno altre cinquanta persone e altre ancora se ne aggiungevano, più bagnate di me. I venditori ambulanti l’hanno preso come il loro momento di pausa. La pioggia ha iniziato a diventare violenta e insistente. Dopo quasi dieci minuti le strade erano fiumi e l’acqua iniziava a salire sul nostro marciapiede. Lentamente, ma senza mai fermarsi , camminava verso di noi e noi piano piano ci spostavamo. Minuto dopo minuto, passo dopo passo, eravamo accalcati tutti nello stesso punto. L’acqua della pioggia dovrebbe avere il colore dell’acqua, al massimo quella che si poggia sull’asfalto si sporca. Qui è totalmente marrone-terra. Alcune donne hanno affacciato i loro piedi sulla strada e hanno iniziato a lavarli, lo stesso facevano altre persone nel marciapiede di fronte a noi. Un ragazzo si è alzato i pantaloni ed ha iniziato a sguazzare nel lago temporaneo che si era ormai formato accanto a noi sotto ai portici. Ha anche lavato alcuni oggetti che poi ha riposto nella sua bancarella portatile.
Non sembrava voler smettere, anzi alcuni tuoni avvertivano che non avrebbe smesso ancora per un po’. Io e Mule, il ragazzo che era con me quel pomeriggio e che come me è arrivato a casa zuppo, abbiamo deciso di muoverci. Eravamo in ritardo e non potevamo stare ancora per molto lì sotto ad aspettare. Abbiamo provato ad attraversare la strada, ma l’acqua ormai sfiorava il marciapiede. Allora abbiamo provato a cambiare strada e siamo arrivati alla fine del marciapiede. Una donna davanti a noi si è fatta coraggio e ha attraversato la strada, con i suoi sandali è entrata nel fiume che l’ha coperta fino ai polpacci. Cambiare strada di nuovo. Questa sembrava percorribile, ma appena abbiamo provato ad abbassare il piede eravamo fradici fino alle caviglie. L’unica soluzione è stata fermare una macchina, un grosso macchinone bianco con una donna dentro, per chiederle di farci attraversare la strada in macchina. Credo lavori per le Nazioni Unite, o almeno così mi ha suggerito l’adesivo sul parabrezza. Dentro la temperatura era almeno dieci gradi in più di quella che c’era fuori, ambiente asciutto e lei asciutta e a maniche corte. Scesi dalla sua confortevole macchina ho continuato a sguazzare nelle mie scarpe allagate per tutto il pomeriggio. Io l’ombrello non lo compro.
Quando sono in Italia e cammino in gruppo spesso mi sento lenta rispetto agli altri. Le mie gambe sono più corte e forse sono anche più fiacca degli altri. Qui, più di una volta, mi sono sentita dire “cammini proprio come un’europea!”. Troppo veloce. Ho imparato che se si cammina solo per il gusto di camminare, se stai facendo una passeggiata, la tua andatura deve essere lenta, devi camminare all’africana. Se invece hai qualcosa da fare, hai un appuntamento o sei in ritardo allora devi camminare all’europea.
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