giovedì 28 luglio 2011

Addis Ababa da un metro e sessanta



28/07/11
Dopo cena(non so l’ora.. inizio a perdere la cognizione del tempo)

Il pavimento su cui sono seduta mentre scrivo questo mio secondo post non è quello di un aeroporto ma è quello della casa che abito. È un po’ spoglia, ma accogliente.
Le persone che la abitano la rendono piena e le pareti sanno davvero di casa.
[mentre scrivo ho dovuto fare una pausa: ho appena rotto un uovo con la testa, imitando il ragazzo ugandese che adesso sta per mangiarlo]

Questo appartamento rappresenta un po’ il mio stato d’animo mentre giro per le strade di Addis: è così diversa dal mondo in cui vivo, eppure ha qualcosa che la rende così piacevole. Mi sento un ospite di un mondo di odori, immagini e sensazioni a me sconosciute.

Oggi, mentre camminavo per strada ho visto passare un camion, abbastanza alto, la cui parte posteriore era costituita da un telone che ricopriva la merce che trasportava. Sopra il telone stava seduto un ragazzo. Si guardava intorno, per lui forse è normale stare seduto su di un camion in movimento. Mi sono chiesta come sia Addis dall’alto, se la puzza di smog arrivi così forte come alle mie narici, se l’odore che pervade la città sia lo stesso. Mi sono chiesta come siano le figure dei bambini che puliscono le scarpe ai signori o quelle delle donne piegate sul marciapiede a cuocere pannocchie. Ma poi ho abbassato lo sguardo, preferisco continuare a scrutare questa città dal mio metro e sessanta d’ altezza.

Ogni attimo scopro qualcosa, ogni attimo imparo qualcosa.


La città del fango, dei taxi stracolmi e degli odori forti mi ha già affascinata.

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